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©Amelia Belloni Sonzogni

 

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con la stilo nel pc

20 luglio 1969 TED

20-07-2025 08:50

Amelia Belloni Sonzogni

promozione, TED,

20 luglio 1969 TED

20 luglio 1969, Levanto, casa di Alice

Vi lascio uno stralcio di TED (Tutta l'Estate Davanti).

Era il 20 luglio 1969. A Levanto.

Alice non era stata bene e gli amici, preoccupati, decidono di andarla a trovare.

Buona lettura e ricordatevi di sostenere TED nella maratona del Writer Gold Officina. Basta un clic qui.

 

«Ecco, guardati! – mi disse Lia – Tutte le preoccupazioni sono svanite! Ma poi… tra te e Marco?»

«Cosa vuoi dire?»

«Almeno un bacio, ve lo siete dato?»

Tacevo e facevo di no con la testa e un dito sulle labbra per dirle di parlare più piano ché mia madre poteva sentire.

«Quindi, lui è libero come l’aria di vedere chi vuole! – esclamò – Scherzo! Stai tranquilla. Non l’ho mai visto con qualcuna in atteggiamenti sospetti».

Si girò verso lo schermo che trasmetteva sempre la stessa immagine: uno studio Rai con giornalisti in collegamento, ospiti seduti in osservazione, pronti a intervenire con domande e riflessioni; insomma, davvero troppo da seguire con vera attenzione per noi ragazzine; io ero a letto quasi malata, con poca voglia di alcunché, ma Lia no:

«Che noia questo sbarco sulla luna! Te lo lascio tutto, vado da Helmut che mi aspetta per un bagno prima di cena e poi anche dopo. Guarderemo la luna dalla spiaggia e chissà, magari ce li vediamo passeggiare sopra, gli astronauti; saranno “allunati” a quell’ora? Ciao, Alice, a domani; vedi di star bene».

Rimasi a pensare alla luna e ai piedi per terra che Lia mostrava di possedere, e io no. O forse più di lei, dato che non fantasticavo di improbabili trasferimenti all’estero. Di sicuro, però, Lia era con Helmut e io neanche riuscivo a incontrare Marco…

Inaspettatamente arrivò Ciro, con Donatella e Roberta. Mi meravigliai di vederlo perché, nuovo nel nostro gruppetto, era un tipo schivo, di poche parole. Infatti, quasi stentò a salutarmi, mentre Donatella e Roberta mi raccontavano la giornata con particolari divertenti dei giochi in piscina cui ero mancata, delle nuotate in mare che mi ero persa e della luna – a loro interessava almeno un poco – che ancora non aveva impronte umane.

Ciro ascoltò, taciturno, fino al momento dei saluti; a quel punto si avvicinò, mi diede un bacio sulla guancia e, dicendo: «L’ho fatto per te», mi porse uno strano anello in filo di ferro. Il monile si allungava sulla falange con un fantasioso gioco di curve le quali, senza interruzioni, tornavano al punto di partenza come in un circuito: uno stile hippie, immaginoso e astratto. Gli sorrisi imbarazzata. Ricambiai il bacio sulla guancia, lo ringraziai.

Nessuno mai mi aveva regalato un anello, così strano poi e singolare, realizzato apposta per me. Cercai il dito a cui infilarlo; era largo per l’anulare, giusto per il medio. Quale significato avrei dovuto dargli? Un anello ne aveva uno solo, per quel che ne sapevo, ma Ciro per me non era che un ragazzo appena entrato nel gruppo. Come poteva…? Pensai alla risposta che mi avrebbe dato Lia, con quanti amichevoli rimbrotti mi avrebbe tolto le fette di salame dagli occhi: «Un anello per dirti che gli sei simpatica, gli piaci, prova qualcosa per te! – Già ma cosa? – Fosse anche solo amicizia, te lo ha detto in un modo romantico. – Sì, è vero; e ora? – Ora niente, vedi che succede». E poi ci saremmo raccontate degli hippies: pace e amore, amore libero; ma libero come? Ne sapevamo davvero poco, anzi, niente, almeno io. Secondo me, anche Lia esibiva più esperienza di quanta ne avesse davvero.

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