a proposito di cani
Il mio nirvana bello e possibile sono loro, i cani: i miei, quelli di papà, quelli che ho incontrato finora, incontro e incontrerò. Ne scrivo e ne leggo.
Inserisco nel blog questa nota a margine, dedicandola alla loro intelligenza, alla loro anima, al loro meraviglioso mondo interiore che noi umani fatichiamo a comprendere, tranne qualche eccezione.
Il libro è di Andrea Biscàro, Lady Peg. Vita di una cagnolina prodigio, Graphe.it edizioni.
Come ci si accorge della particolare intelligenza, delle pieghe dell’anima e degli aspetti della personalità del proprio cane? Parlandogli, dato che solo così noi umani comunichiamo, e osservando le sue reazioni che sono risposte a tutti gli effetti. In questo modo Ines Corridori si è accorta della unicità della sua Peg.
Un articolo sulla capacità dei cani di rilevare il parlato e la rappresentazione del linguaggio in idiomi differenti mi ha portato a scoprirne la storia, ricostruita in questo libro attraverso testimonianze e documenti (lettere e stampa dell’epoca) che accendono un riflettore sui nostri anni ’50.
La barboncina Peg, vissuta a Chiari tra il 1949 e il 1961, impara a contare, leggere e scrivere: declina nomi e verbi, forma frasi, esegue operazioni scegliendo cartellini con numeri e lettere e componendo il risultato, conosce il tedesco.
Si esibisce in pubblico per beneficenza ed attira ovviamente l’attenzione della stampa. Del «fenomeno» parlano numerosi quotidiani e periodici tra il 1957 e il 1961, (Corriere della Sera, La Notte, Gente, l’Espresso, L’Europeo). Il primo a parlare di Peg è Vittorio Beonio Bocchieri. Nel luglio 1957 racconta delle capacità di Peg e crede di essere impazzito quando a domanda precisa la barboncina risponde e scrive il nome del presidente Gronchi. Altri la esaminano e sul numero di luglio 1960 di «Minerva medica» appaiono i risultati dell’incontro con uno specialista del Centro studi di parapsicologia di Bologna. Si tenta di spiegare l’inspiegabile: addestramento, empatia, memoria associativa eccezionale, telepatia, simbiosi psichica. Non manca il sacerdote che ci vede subito l’artiglio del diavolo: «Peggy brava senza diavolo» risponde pronta lei allineando i cartellini delle lettere. «Per un cane è tanta fatica scrivere» spiega invece a chi, ironico, la definisce sapiente.
Negli anni ’50 si fatica a dire – e pare eresia – che Peg è una persona, una «piccola persona» di quelle di cui scrive Anna Maria Ortese. Si parla di personalità, di personaggio, la si paragona a un bambino. E Peggy commenta: «Pochi buoni» gli uomini.
Si sottolinea il particolare rapporto tra Peggy e Ines, la sua «padrona» che all’epoca ripudia il termine e si definisce amica del proprio cane, prova a contestare le asserzioni della Chiesa cattolica sull’assenza di anima e intelligenza negli animali, e nega alla scienza il cervello della propria amica.
Tra i vari interlocutori che hanno avvicinato Peg, due restano impressi.
Enzo Tortora la incontra il 5 dicembre 1959 a Firenze al Club Parterre e quando Peg manifesta la necessità di uscire («Ho i bisogni»), «In fondo a destra, in fondo a destra!» le indica d'istinto.
Un mese prima, il 4 novembre 1959, appare sul Corriere della Sera un articolo di Dino Buzzati: «No, io non sono venuto per un’inchiesta psicologica, non mi propongo di trovare una spiegazione banale e tranquillizzante allo straordinario caso. Si tratta di una pura e semplice intervista [a Peg] senza secondi fini», al termine della quale Buzzati si volge «per un ultimo saluto. Seduta sulla soglia, Peg mi sta fissando. Nei suoi terribili occhi mi sembra di intravedere qualcosa che sta fra il compatimento e l’ironia».
Un articolo sulla capacità dei cani di rilevare il parlato e la rappresentazione del linguaggio in idiomi differenti mi ha portato a scoprirne la storia, ricostruita in questo libro attraverso testimonianze e documenti (lettere e stampa dell’epoca) che accendono un riflettore sui nostri anni ’50.
La barboncina Peg, vissuta a Chiari tra il 1949 e il 1961, impara a contare, leggere e scrivere: declina nomi e verbi, forma frasi, esegue operazioni scegliendo cartellini con numeri e lettere e componendo il risultato, conosce il tedesco.
Si esibisce in pubblico per beneficenza ed attira ovviamente l’attenzione della stampa. Del «fenomeno» parlano numerosi quotidiani e periodici tra il 1957 e il 1961, (Corriere della Sera, La Notte, Gente, l’Espresso, L’Europeo). Il primo a parlare di Peg è Vittorio Beonio Bocchieri. Nel luglio 1957 racconta delle capacità di Peg e crede di essere impazzito quando a domanda precisa la barboncina risponde e scrive il nome del presidente Gronchi. Altri la esaminano e sul numero di luglio 1960 di «Minerva medica» appaiono i risultati dell’incontro con uno specialista del Centro studi di parapsicologia di Bologna. Si tenta di spiegare l’inspiegabile: addestramento, empatia, memoria associativa eccezionale, telepatia, simbiosi psichica. Non manca il sacerdote che ci vede subito l’artiglio del diavolo: «Peggy brava senza diavolo» risponde pronta lei allineando i cartellini delle lettere. «Per un cane è tanta fatica scrivere» spiega invece a chi, ironico, la definisce sapiente.
Negli anni ’50 si fatica a dire – e pare eresia – che Peg è una persona, una «piccola persona» di quelle di cui scrive Anna Maria Ortese. Si parla di personalità, di personaggio, la si paragona a un bambino. E Peggy commenta: «Pochi buoni» gli uomini.
Si sottolinea il particolare rapporto tra Peggy e Ines, la sua «padrona» che all’epoca ripudia il termine e si definisce amica del proprio cane, prova a contestare le asserzioni della Chiesa cattolica sull’assenza di anima e intelligenza negli animali, e nega alla scienza il cervello della propria amica.
Tra i vari interlocutori che hanno avvicinato Peg, due restano impressi.
Enzo Tortora la incontra il 5 dicembre 1959 a Firenze al Club Parterre e quando Peg manifesta la necessità di uscire («Ho i bisogni»), «In fondo a destra, in fondo a destra!» le indica d'istinto.
Un mese prima, il 4 novembre 1959, appare sul Corriere della Sera un articolo di Dino Buzzati: «No, io non sono venuto per un’inchiesta psicologica, non mi propongo di trovare una spiegazione banale e tranquillizzante allo straordinario caso. Si tratta di una pura e semplice intervista [a Peg] senza secondi fini», al termine della quale Buzzati si volge «per un ultimo saluto. Seduta sulla soglia, Peg mi sta fissando. Nei suoi terribili occhi mi sembra di intravedere qualcosa che sta fra il compatimento e l’ironia».