«E godiamocelo!»

Sarà stato il cognome, Chabot che mi riporta (per assonanza con Chabod) a interpretazioni storiche studiate come fossero romanzi, sarà stato il mio complesso rapporto con il tempo, scandito troppo spesso dall’ansia, sarà stato il titolo – Avere tempo – capace di scatenare un attacco bulimico… non so di preciso cosa mi abbia indotto a leggere questo saggio; di sicuro hanno avuto un peso la serietà della ricerca e dell’analisi garantite da Treccani e un istintivo bisogno di cura, in un momento della vita in cui mi sembra sempre di non essere in tempo.
Non ne ho o lo uso con poca consapevolezza?
Metafisico e concreto, quotidiano nelle minuzie della vita come nei momenti topici, un soggetto “tutto”: è difficilissimo da analizzare, in equilibro tra banalità e paradosso.
Non importa quanto, ma quale. La qualità è «il business del secolo»; mi piacerebbe si potesse usare un parametro diverso dall’economico, ma mi rendo conto di sbagliare io. Sarebbe bello che la qualità, del tempo e di tutto, diventasse l’affare del secolo per migliorare le vite, tutte le vite, sottraendole a schiavitù, soprusi, ingiustizie, abusi.
Il tempo che resta: non ho mai provato a tradurlo in immagine; l’autore lo vede come una barca piena di sabbia, a volte una chiatta, a volte più modesta, ma sempre con la variabile indeterminabile del futuro e la monotona cadenza della sabbia che cade con lo stesso ritmo. Il pensiero intanto va, in giro per i fatti suoi, refrattario a qualsiasi costrizione, inalienabile e generatore di tempo e di mondi con un loro tempo. Come quelli della signora Dallowey, suggerisce l'autore.
«Vivere al ritmo del tempo spontaneo» è un lusso che ho raggiunto; ne ho totale coscienza quando sono in mare, quando giro nell’orto e me ne occupo; mi rendo conto di godere del tempo della natura. L’ora d’oro, l’ora blu, lo scandire del campanile ancora dotato di campane che oscillano, il portare a termine un compito in un lasso più breve rivelano ciò che si è. Consumo un prodotto dell’orto che ho seminato e visto crescere? Sto sublimando il tempo. Vivo un’atarassia che non rende? Sarà...
«L’esistenza si sperimenta essendo liberi di distillare il tempo che più conviene»: forse non tutti i giorni, ma ci sono molto vicino. Allora perché l’ansia non mi passa? Non minimizzo abbastanza il peso del tempo? Necessità, scelte, libertà, tempo: avere tempo significa «decidere liberamente di dedicare il tempo che ho a questo o a quel progetto». Smetti dunque di litigare con te stesso, scegli e rinuncia, segui il tuo temperamento, muoviti al suo ritmo. E se me lo dicevi prima, diceva un noto cantautore.
Pare che nella vacanza – in senso etimologico – «si schiud[a] la gioia di esistere»: nucleo concettuale delle filosofie della privazione, in antitesi con la Modernità. Le civiltà, gli schemi, cicli e linee temporali, gli uni nelle altre, fino alla spirale che cresce senza cambiare: queste sono le immagini della dinamica del tempo; ogni epoca ha la propria spirale, sempre in curva, avvolta sul divenire irreversibile.
C’è un appiglio? Un punto fermo? Misurare la durata, forse; e storicizzarla: una storia della quantificazione del tempo, una storia del rapporto con il tempo, l’evoluzione dei concetti di fato, progresso, iper-tempo, scadenza e occasione. Ma l’uomo del progresso, che crede di possedere la natura, che sogna di «essere il signore del tempo», che lo conta alla rovescia cercando di evitare la scadenza, di essere in orario, di apparire sullo schermo in tempo: quanto è ridicolo, soprattutto di fronte al contrattempo che gli si para davanti!
Credito, debito, crescita economica, percezioni ed effetti del lockdown appena vissuto, teoria delle ultraforze, ingiustizie, depredazioni ambientali, la scadenza che incalza il pianeta, l’afuturalgia che affligge le nuove generazioni invece degli anziani: di fronte a tutto ciò – dice l’autore – gli intellettuali hanno la responsabilità di ripensare il futuro. Imminenze ambientali, necessità di un punto di incontro tra ecologia e tecnologia, di mescolare i tempi, di ri-orientare il progresso percependone la dialettica, la capacità di individuare il kairos, il momento giusto, l’occasione: tutto impone la necessità dell’azione e decreta «il tempo del superamento della filosofia, che ha fatto quello che poteva per capire, ma conosce anche i limiti della comprensione».
Erriamo nei tempi che non sono i nostri: questa la citazione che apre il saggio; è di Blaise Pascal, di cui oggi ricorre l’anniversario della nascita.