Giatt e le lucertole

Per Giatt è sempre la giornata della lucertole...



Quando siamo nell’orto, ci sono momenti in cui Giatt sparisce. Tutto il nostro spazio è recintato, quindi non mi preoccupo e lascio che si goda la libertà di correre, annusare, apprendere, verificare. Non è più lo scavezzacollo dei primi mesi con noi, imprevedibile e in apparenza insensato. È cresciuto. Ha preso confidenza prima di tutto con se stesso e, a suo modo, è diventato prudente. Confido, poi, nel fatto – immaginario e assurdo fin che si vuole – che davvero Pedro lo segua come un angelo custode e lo protegga da eventi sgradevoli. È una sorta di convinzione, di favola, di dolce inganno ai danni della ragione, un modo di alleggerire il peso del dolore per la sua assenza.
E in ogni caso, che pericoli può correre Giatt tra erba e piante? Punture di insetti o forasacchi, è vero; ma come trattenerlo e, soprattutto, perché limitarlo e impedirgli la gioia? Vederlo andare, libero e felice, compreso di essere “padrone” del luogo, ci regala quell’istante di pace che di certo lui assapora meglio di me, nella sua ignoranza del tempo. E ce lo regala sempre; ogni momento della sua vita è dedicato a noi, senza paure, senza tristezze, senza preoccupazioni. Gli basta sentirsi protetto, al sicuro.
La maggior parte delle volte, terminate le sue esplorazioni, ci raggiunge, addosso ha qualche traccia di «cose da non fare fatte lo stesso»: macchie di sporco puzzolente; al primo richiamo le orecchie si abbassano, si girano all’indietro appiattite (— scusa, non ho resistito — oppure, dipende dall’inclinazione, — non so proprio dove sono finito, chissà come ho fatto, neanche mi sono accorto —). Meglio non indagare e lavare subito. Altre, invece, quando sparisce alla vista, lo cerchiamo e lo scoviamo intento a cacciare le lucertole. La tecnica è identica a quella di Pedro che era la stessa delle volpi, in agguato all’imboccatura della tana di una preda: si alza sulle zampe posteriori, inarca il collo, punta muso e zampe anteriori e resta così, come sospeso, per qualche frazione di secondo, passata la quale si tuffa sul niente. La lucertola, o chi per lei, è già altrove; gli è scappata sotto il naso, infilata in qualche mucchio di sterpi o legnetti.
In agguati alle lucertole Giatt passa lo stesso tempo che queste sono in grado di trascorrere al sole, immobili, con la sola gola che pulsa leggera. Sono sempre loro a sentire lui prima che lui le veda, a meno che non corrano il rischio di passare in zone prive di riparo, come sui viottoli che attraversano l’uliveto. Tuttavia, l’anfratto, il buco, il mucchio in cui infilarsi e sparire è sempre vicino per loro e irraggiungibile per lui.
È capitato che Giatt si fermasse più a lungo del solito e non nella solita postura, di fronte alla canna dell’acqua. Incuriositi, abbiamo cercato di capire, supponendo che stesse curando qualcosa infilatosi sotto; o dentro? Al primo getto d’acqua, è uscita una lucertola con evidenti sintomi di annegamento: pareva morta, ma Giatt scodinzolava quasi frenetico.
La poveretta era inerte; l’abbiamo raccolta da terra, appoggiata su una superficie piana, asciutta e calda, a sua volta bene esposta al sole (un blocchetto di cemento), e abbiamo aspettato. Cercando di essere il più lieve possibile, l’ho accarezzata mentre Giatt avvicinava il tartufo, muoveva piano le narici, individuava sentori e movimenti per noi impercettibili; al contempo girava le orecchie per controllarci. Insieme l’abbiamo vista spalancare la bocca, per un respiro o una specie di urlo muto, muovere una zampa davanti, poi una dietro; quindi, strisciare quasi per rendersi conto di essere ancora viva.
Giatt, allora, si è spostato all’indietro sulle zampe piegate e, con una manovra come quelle di Pedro, si è seduto a sfinge. Il suo compito era terminato: la lucertola poteva fare da sola e c’eravamo noi a controllare che non si infilasse di nuovo nella canna. Lei è rimasta qualche momento ferma a guardarsi intorno, muovendo piano la testa e gli occhi; a me è sembrato che indugiasse perché, a un certo punto, è andata a mettersi sul bordo del blocchetto e ha sporto la testa in giù, verso Giatt. Appena lui si è mosso, però, ha invertito la rotta e se ne è andata a ripararsi in una fessura, lenta rispetto alla normale andatura di una lucertola vicina a due umani e un cane. D’altra parte, povera creatura, era appena scampata a morte certa.
Nei giorni successivi, quando passavo davanti al blocchetto, vicino alla fessura in cui si era infilata, e quando meno ci pensavo, mi è capitato di vedere una lucertola ferma al sole, con lo sguardo attento ma più immobile del normale. Una differenza quasi impercettibile, e Giatt la guardava senza accennare ad acchiapparla.

[tratto dal mio Estemporanea. Scritture brevi per quadri d'autore. Tutto il ricavato all'Associazione A...Fido che a Campobello di Mazara compie quotidiani miracoli per cani e gatti devastati da altri umani]