Karolus

Da storico contemporaneo ho sempre ammirato gli storici dei periodi più remoti; loro sono quelli bravi, diceva Giorgio Rumi, il mio maestro. Ed è vero, basti pensare alle fonti da reperire, consultare, valutare, confrontare: un lavoro immane, una storiografia sterminata, come sottolinea Franco Forte nella presentazione del volume; e una bibliografia, confesso, è stata la prima cosa che ho cercato, spinta dalla curiosità di sapere cosa avesse consultato. Deformazione professionale, la mia, forse poco pertinente al romanzo.
Il tuffo nella lettura di Karolus, profonda 750 pagine, è partito da un trampolino alto un millennio: quello della distanza temporale delle mie competenze specifiche (a cavallo tra Otto e Novecento) dall'impero carolingio. In equilibrio prima del lancio, come in una sorta di rapido ripasso, ho chiamato a raccolta tutti i “muscoli” e, al culmine della concentrazione, ho spiccato il salto, pensando con Croce che la storia è sempre storia contemporanea.
È bastato il primo contatto della punta delle dita con la citazione di apertura per trovarmi subito a mio agio: «I sentimenti dell’uomo, le sue passioni e i suoi pregiudizi, hanno un loro cardine elementare. Non mutano con il mutare del tempo e della storia. E noi siamo, anche per tali cause, tutti contemporanei attraverso l’illusione dei secoli», Gianni Granzotto, dal suo Carlo Magno (pag. 62 nella mia edizione). Un libro del 1978, bellissimo e coinvolgente, in cui la Storia diventa narrazione nella penna di chi non è storico ma ne usa in gran parte gli strumenti, partendo dai luoghi fisici e geografici in cui un protagonista assoluto e determinante è vissuto e ha agito.
L’onda del ricordo di questa lettura mi ha trascinato come una corrente calda nelle pagine di Karolus ed è stata un’immersione totalizzante. La verifica della verità storica si è persa da qualche parte, non so dove; ho smesso di cercarla quasi subito, anche perché della Storia è bello cercare le tracce che lascia e che non lascia, ma è bello pure lasciarsi trasportare dal verosimile immaginato e drammatizzato, osservare l’affresco ed entrarvi, tanto da farne parte, perché curato e credibile.
Nel romanzo di Carlo Magno e nel personaggio protagonista ci sono aspetti virili che ho adorato: la delicatezza del padre con le figlie e, soprattutto, il suo amare lo scontro aperto e leale contrapposto alla delazione, alla menzogna, agli intrighi, spesso tramati al femminile; il detestare i codardi di cui brama l’annientamento; l’insofferenza per i compromessi, benché necessari; un temperamento da tenere spesso a freno e forse – unico appunto – qualche "ringhio" e "grugnito" di troppo, che ne rendono tuttavia l’indole. E ho amato, negli altri personaggi, il coraggio, la lealtà di Irmin e della Scora, il corpo dei migliori e fedelissimi guerrieri; la semplicità genuina, la schietta e piena salute morale dei Franchi, l’entusiasmo con cui provano a unire il mondo in nome della fede cristiana sì, ma con tutte le riserve, i dubbi, le valutazioni del caso e del momento, con determinazione e ferocia a volte, in funzione dell’avversario o interlocutore, fosse anche il Papa.
Ma sono coinvolgenti pure il destino di Imiltrude, la malia di Ermengarda, la prepotenza dura e arrivista di Fastrada, la determinata e astuta intelligenza materna di Bertrada, la complicità fraterna di Gisela. I punti in cui ho annotato “bello!” riguardano soprattutto loro. E per me, amante degli animali fanatica q.b., “bellissimo!” non poteva che essere annotato di fianco all’apparizione di Abul Abbas, l’elefante ricevuto in dono, e del maestoso cervo comparso nella foresta delle Ardenne.
Si cavalca, con Karolus, attraverso foreste e fiumi e valichi d’Europa, si incontrano i popoli che ne abitavano le terre e se ne conoscono tratti peculiari e antiche leggi, si partecipa alle battaglie, alla loro preparazione e alle azioni successive, si abitano i castelli e le regali dimore disseminati nel futuro impero, in cui le porte si chiudono al momento giusto nei momenti più intimi. Si assiste alla stesura dei Capitolari. Si vedono nascere le fonti, con la schiera dei sapienti all’opera nel palazzo di Aquisgrana, la Schola Palatina, l’Opus Caroli, Eginardo che segue Karolus e ne scriverà la biografia. Si cerca con loro la perduta sapienza romana in contrapposizione all’infido lusso di Bisanzio, che abbaglia con il proprio lucore sfarzoso per nascondere insidie e falsità.
Si riflette su aspetti sociali e culturali della mentalità medievale e si leggono i prodromi delle prossime lotte per le investiture. Un viaggio affascinante.