la figlia del capitano


«Non stormire, selva mia, madre verde».
Suono di balalika, coro di voci maschili profonde e tristi, tempeste di neve e bufere di vento, calde isbe, dove samovar proteggono il tè, donne versano il vino; le steppe kirghise, percorse da cosacchi a cavallo, spazzate da venti gelidi, attraversate da slitte tintinnanti che racchiudono i passeggeri coperti di confortevoli pellicce. La sincerità, la fedeltà, l’onore, la parola data, il valore del giuramento; un gesto generoso che resta impresso e diventa debito per sempre.
«Tieni da conto l’abito finché è nuovo e l’onore fin da giovane».
L'impudenza, la calunnia premeditata al servizio della malvagità vigliacca, la delazione. Nobili e servi, ussari e ribelli ricoperti di gradi improbabili, elargiti a iosa, leggi arbitrarie, vendette che rispondono agli istinti più brutali, vite alla mercé di irrazionali decisioni.
E poi l’amore: imprevedibile, prima protetto nella fortezza assediata da due genitori pronti a morire per la dignità e il giuramento prestato, poi maltrattato da chi ne pretende il possesso, infine custodito nella casa degli avi fino allo sciogliersi dell’intrico di eventi che lo contrasta. E lo scioglimento è guidato dal caso, o meglio e nel dettaglio, dal naso di un cane che fiuta e determina l’incontro risolutivo, insperato.
Questo – per limitarsi a riassumere – ho ritrovato tempo fa nelle pagine di Puškin ma mi era rimasto impresso nella mente ancor prima. Avevo nove anni nel 1965 quando la Rai mandava in onda questo teleromanzo (regia di Leonardo Cortese, riduzione sua e di Fulvio Palmieri, delegato alla produzione Andrea Camilleri, musica di Piero Piccioni) e riusciva a catapultare la mia immaginazione laggiù, nella steppa. Pugačëv ha per me la voce impostata di Amedeo Nazzari, il capitano Mironov le sembianze dell’attore strabiliante che fu Andrea Checchi, Vassilissa Egorivna quelle della magnifica Lilla Brignone. E Pëtr Andréevič Grinëv è ancora giovane, biondo e affascinante, come Umberto Orsini.
Maggiore pathos, dovuto alla recitazione, e Pëtr al comando del plotone di esecuzione alla decapitazione di Pugačëv come pegno preteso dalla zarina in cambio della scarcerazione, scostano la riduzione televisiva dal testo datato 1836. Intatto e rispettoso tutto il resto, l’atmosfera ricreata totalmente negli studi televisivi, un inno all’interpretazione. Indimenticabile.