l'uovo di Willy Wonka

Willy Wonka = cioccolato, prima del libro, prima del film, prima del senso, prima di tutto.
Potevo non cedere alla tentazione? Impossibile, nonostante i buoni propositi messi in atto finora e i risultati, non strabilianti ma incoraggianti.
Una cena, frugale, con un dolce delizioso, un lusso per pupille e papille…
Ricordo vagamente la minuziosa descrizione riportata dal menu: parlava di consistenze diverse del cioccolato, di lamponi che erano glassa, ma anche mousse, ma anche gelato. 
Lo prendo? Lo prendo!
Sulle cialde di fondente, il cameriere depone lieve un francobollo dorato che riflette bagliori ghiotti di gioia sulla mia espressione felice.
Affondo il cucchiaio nella glassa fino a quando si mostra il cuore scuro e sodo dell’uovo di Willie Wonka, aggiungo al boccone un frammento di cialda con un angolo di francobollo e assaporo un piacere infinito che intender non lo può chi non lo prova. 
Il gelato al lampone mi rinfresca il palato, la mousse lo prepara al morso successivo.
Cerco una velocità lenta. Ci provo perché non abbia fine, ma il palato chiede, insiste.
Chi fissa il momento, di fronte a me, ferma nell’atmosfera la golosità e il senso di pace e distanza. Siamo lì per una incombenza, lontano da casa eppure a casa, lontano chilometri dalla grettezza, da una erbaccia che ci ammorba, da troppo tempo: infestante, tossica e in apparenza inestirpabile.
Solo in apparenza.