onnivori di cultura

Avvertenza: aprite Rivoglio i Matia, con Antonella Ruggiero, di Dario Zizzo e lasciate ogni cliché/schema narrativo dopo il colophon.
Credo che la lettera sia una tra le forme più intime e dirette di comunicazione con chi ci è caro: un modo per dire ciò che forse non si riesce, perché i tempi divergono o le condizioni mutano, ma ti resta in gola o in animo, prima di andare via. Si sono lasciati infatti, Agilulfo e Arianna: sembra sia stata lei, l’amore era finito, ma lui, a un certo punto della sua vita di adulto, non può non dirle il suo «amore che fu». Lo lascia tutto in una lunghissima lettera, poggiata su una scrivania.
Credo, anche, che queste mie note a margine siano tra le più difficili da sintetizzare e ricondurre a un unicum. La nostalgia, che pervade la lettera, ne costituisce l’impalcatura ma sbaglierei se provassi a percorrerla poggiandomi, un passo dopo l’altro, agli appigli che mi offre: rischierei di tralasciarne qualcuno altrettanto importante e bello, ricco e soprattutto portatore di ricchezza: lessicale e di contenuto, di immagini e concetti. Si tratta, tra l’altro, di un’impalcatura forte ma al tempo stesso sottile perché, ogni volta che mi sono soffermata più del dovuto accanto ad uno di questi agganci, sono stata sollecitata e quasi portata via dagli altri sopraggiunti come una sorta di spirale, di tromba d’aria, gentile ma determinata, decisa anche a far crollare tutto pur di incalzarmi.
Credo, inoltre, che Terrasicca, per immaginaria che sia, rappresenti – per come vive nelle parole di Agilulfo – la provincia siciliana e per molti aspetti anche italiana: mondi appartati, arche nel diluvio, luoghi in cui modi, abitudini, sentimenti e pensieri sopravvivono al riparo dal passare del tempo, finché si capirà quanto prezioso è essere "provinciale".
Credo, insomma, che, per non far torto a nessuno, non potrò citare alcuno dei personaggi che Agilulfo ricorda e Dario Zizzo caratterizza; si radunano uno accanto all’altro, uniti, come gli attori a teatro, nessuno escluso, dalla comparsa al protagonista, a fine spettacolo, alla ribalta, a prendersi l’applauso.
Credo, in buona sostanza, che il rapporto con gli adulti, la scuola, l’adolescenza, l’amore vissuto in gioventù siano patrimoni personali necessari e la lettura dei ricordi di Agilulfo può sollecitare in ciascuno moti dell’animo al tempo stesso simili e diversi. Di sicuro, non vi è chi non abbia sofferto per l’abbandono dei Matia Bazar da parte di Antonella Ruggiero.
Credo, infine, la Storia sia una specie di cintura di sicurezza cui agganciarsi per leggere questo bel libro di Dario Zizzo. Dice Agilulfo: «La mia opera è onnivora, si nutre di Storia, Filosofia, Politica, Arte, Mitologia, Religione, fumetti e vita spicciola, perché bisogna coniugare l’alto e il basso, fioretto e sciabola, film d’autore e serie b, musica classica e popolare, tragico e comico, perché la vita è una divertente tragedia» (p.75).