un brutto carattere

La luce che si spense mi era tanto piaciuto quando lo lessi la prima volta, poco più che bambina.
Avevo trovato insopportabile Maise, cui non importava vedere un’amicizia tanto preziosa trasformarsi in amore profondo e generoso, né tanto meno corrisponderla, non perché amasse un altro, ma per rincorrere fama e successo di pittrice, non proprio straordinaria e per di più sorda a qualsiasi consiglio spassionato.
Avevo trovato irresistibile Binkie, il cane di Torpenhow, che resta con Dick quando diventa cieco e il suo padrone parte al seguito di una nuova campagna militare.
Avevo amato Dick e il suo brutto carattere, il suo talento, la sua intraprendenza un po’ incosciente di disegnatore corrispondente di guerra, la capacità di Kipling di descrivere atmosfere esotiche a me sconosciute e l'amicizia, l'aiuto reciproco nel momento del bisogno. È Torpenhow, l’amico, che lo veglia in una notte di delirio, quando rimane vittima di una ferita le cui conseguenze lo renderanno cieco ed è Torpenhow che lo accudisce nel momento della infermità.
L’ho riletto di recente e, pur avendolo ancora "bevuto", ho notato qualche limite che la critica ha sottolineato nel tempo. Ciò nonostante, ho ritrovato intatto il piacere del racconto e non solo.
Mi ha incuriosito rileggere la prefazione alla mia edizione (parte della collana I grandi della letteratura, della Fratelli Fabbri Editori), firmata G.G. in cui si sottolineano aspetti che non ricordavo.
Si dice infatti che Kipling vinse il Nobel nel 1907 nonostante una cattiva critica, sia a questo suo primo romanzo in gran parte autobiografico, sia alle opere successive, critica alla quale rimase sempre totalmente indifferente: ciò che gli importava era conquistare i lettori che continuarono ad acquistare le sue opere nel tempo. Il premio – molto contrastato perché Kipling era considerato in Inghilterra un «avventuriero della letteratura, un giornalista che aveva usurpato un posto che in realtà non gli spettava» – alimentò le polemiche e le vendite.
Mi sono chiesta: quanto avrebbe scritto e pubblicato, Kipling, incurante della critica e, in completa autonomia? Come si sarebbe mosso nel mondo editoriale di oggi?
Kipling non so, ma credo di immaginare quale strada avrebbe preso Dick Heldar.
Riporto da p. 51: «Dick passeggiava su e giù, pensieroso. Vedeva tutto il proprio lavoro, la prima arma della quale era padrone, confiscato proprio all'inizio della sua sua carriera da un anziano signore del quale non aveva neppure capito bene il nome, e che diceva di rappresentare un'agenzia: qualcosa cioè per cui egli non provava il minimo rispetto. L'ingiustizia di quel modo di fare non lo turbava gran che: aveva visto la prepotenza prevalere troppo spesso, in altre occasioni, per sentirsi colpito dagli aspetti morale del giusto e dell'ingiusto. Desiderava soltanto, e ardentemente, la pelle di quel signore in soprabito, e quando parlò di nuovo lo fece con una forzata dolcezza che, come Torpenhow sapeva assai bene, era il segnale della battaglia».