rileggendo Giuseppe Bicchierai

questo libro ricostruisce la vicenda umana

di un sacerdote che riveste un ruolo particolarissimo in un momento cruciale per la vita della Nazione.Una vita lunga e laboriosa, vissuta sempre in primo piano su molteplici versanti, con ruoli di rilievo, si presume lasci tracce consistenti; se poi chi l’ha vissuta avverte che il proprio archivio di carte personali consiste in «una montagna ben divisa in cartellette che rivela il sottobosco della resistenza», la curiosità dello storico si accende immediata e sostiene l’approccio a una mole documentaria da analizzare davvero imponente: l’obiettivo è ricomporre, riordinare, ricostruire criticamente.
La vita di Giuseppe Bicchierai si snoda lungo sette episcopati con una energia vitale pressoché inestinguibile, in grado di sfiancare qualunque inseguitore, ancorché collocato a distanza nel tempo.
Le fonti:
Archivio del Capitolo Metropolitano
Archivio Storico Diocesano di Milano
Archivio Centrale dello Stato
Carte Bicchierai...
non tutto nel 1998, anno in cui si è svolta la ricerca, era consultabile e se lo è stato, è stato per il permesso concesso dal card. Martini.
Mancano le fonti orali ed è un limite imposto dal volgere del tempo e da alcuni dinieghi. Il più illustre, quello di mons. Barbareschi per la cui liberazione Bicchierai si adoperò. Era ancora in vita all’epoca della stesura di questo libro e non ho mancato di contattarlo per chiedergli un incontro in proposito. Si è negato.

tra guerra civile e regime

Nato a Milano il 18 settembre 1898 da famiglia agiata di origini toscane (il bisnonno paterno Antonio originario di Bagnone esercitava l’avvocatura tra Firenze e Lucca, il padre Tommaso era un apprezzato direttore d’orchestra a Firenze) Giuseppe cresce nell’oratorio della parrocchia di Santa Maria Segreta sotto l’episcopato del card. Andrea Carlo Ferrari, durante il quale prende forma e si realizza l’Unione giovani cattolici milanesi, una forma nuova di apostolato laicale che sostituiva il momento ricreativo dell’oratorio con un più incisivo intervento nella vita pubblica.
In essa Giuseppe Bicchierai si trova subito a proprio agio poiché in possesso di tutti i requisiti necessari per eccellervi: grinta, personalità solida, sicura capacità professionale, prontezza nel confronto dialettico, capacità di impegno nel contradditorio polemico, nuova considerazione delle differenze sociali. Si diploma perito commerciale ragioniere nello storico istituto tecnico milanese intitolato a Cattaneo, richiamato alle armi nel 1917, si ammala di tifo e rientra a Milano nel maggio 1919. Si abilita all’insegnamento della computisteria, crea e presiede la Federazione delle Unioni Giovani fino a quando la carica diventa incompatibile con quella di segretario dell’Opera Cardinal Ferrari: ente morale, gestito dalla Compagnia di San Paolo, per cui si prodiga tra il 1924 e il 1931, ma che subisce bancarotta (non dolosa); il fallimento è utilizzato dal regime, sotto il quale era impensabile l’apostolato paolino, a metà tra laicato e clero, intraprendente e realizzatore.
Sentita la vocazione sacerdotale, entra in seminario a Venegono, all’età di 34 anni; vorrebbe accelerare le tappe dell’ordinazione, ma non ci riesce; vorrebbe frequentare la Gregoriana, ma le porte non si aprono; fra ottobre 1935 e luglio 1936 è novizio gesuita poi abbandona per incompatibilità. Nel 1935 esce il suo volume Il mondo degli affari e la morale, frutto della dolorosa esperienza come amministratore della Compagnia di San Paolo e dei tredici anni di professione; è adottato come libro di testo alla Facoltà Teologica di Milano.
Sono anni densi di avvenimenti: guerra d’Etiopia, guerra in Spagna, leggi razziali, ma Bicchierai appare estraneo, stranamente disimpegnato, in cerca di una collocazione, fino alla richiesta di essere assegnato a una parrocchia. Schuster però non vuole si allontani da Milano e, convinto della necessità di tenerlo impegnato, gli affida incarichi su incarichi, tra cui la realizzazione del Fondo solidarietà clero diocesano; in questa occasione Bicchierai incontra il personaggio che sarà fondamentale nei rapporti con l’occupante tedesco, entrato in Milano la notte del 12 settembre 1943.
Sotto l’episcopato di Schuster, la diocesi ambrosiana diventa, a detta di Roncalli nunzio pontificio a Istanbul e futuro Giovanni XXIII, «punto inaspettato di irradiazione come centro dell’Alta Italia»: autorità morale riconosciuta, tramite tra zone liberate e occupate, e don Bicchierai trova il proprio ruolo.
L’insofferenza per i fascisti è il transitorio terreno di intesa con i tedeschi che Bicchierai trova per salvare vite e guadagnare centimetri di autorevolezza utili anche in futuro: questa la sostanza della sua azione come rappresentante del cardinale, che non di rado lo tiene a freno.

l' attendismo di don B.

Mons Bicchierai – don B. come è chiamato nelle comunicazioni tra resistenti – fa tutto meno che attendere gli eventi, entra nel cuore della guerra civile, si avviluppa in intrecci talvolta inestricabili dove il bandolo sembra essere il doppio gioco di tutti con tutti.
È Valerio Benuzzi, persona di fiducia del direttore generale dell’INA, trentino e per questo considerato tedesco dai tedeschi, incontrato per la costituzione del Fondo solidarietà per il clero, a mettere in contatto curia e occupante in cambio della testimonianza della sua opera. Bicchierai si assume la responsabilità del suo ingaggio: diventa prezioso, ma di lui e dello stesso Bicchierai dubitano sia i partigiani sia il CLNAI.
Don B. aiuta dove può molto efficacemente: muovendosi tra l’hotel Regina, sede della centrale informativa tedesca, e il carcere di San Vittore, regni di Saeweke, capitano SS da cui dipendeva Otto Koch, capo della banda di torturatori, inizia a intervenire per la liberazione di preti e laici: molte iniziative hanno esito favorevole, altre no. La più nota e controversa di tutte è quella dei 67 esponenti della FUCI incarcerati, trasferiti a Fossoli e trucidati. Bicchierai manda periodiche relazioni a Montini, all’epoca alla Segreteria di Stato in Vaticano; la sua attività si ramifica, coinvolge il nunzio apostolico a Berna e il governo svizzero, arriva in molte diocesi del Nord Italia cui serve aiuto. Parallelamente aumentano i rischi: oggetto di voci e sospetti, subisce interrogatori e ne esce rivendicando il proprio ruolo di rappresentante del Card. Schuster.

approcci informativi per avvicinare le parti

A partire dall’autunno del 1944 Bicchierai prende parte all’Operazione, Sunrise per gli americani, Crossword per gli inglesi i cui sviluppi portano alla resa tedesca il 2 maggio 1945. Ottiene il passaporto (quindi la polizia è al corrente) e arriva a Berna il 30 novembre, manda a Montini costanti relazioni sul viaggio e sul progetto di accordo in caso di ritirata tedesca ed esiste una minuta della proposta stilata da Bicchierai (riportata alle pp. 143 – 146 del mio volume).
In sintesi: a fronte della non distruzione da parte tedesca di installazioni e servizi cittadini, di stabilimenti di nessun interesse militare e della non deportazione di uomini e animali, il CLN tramite l’autorità ecclesiastica si impegna a non ostacolare la ritirata tedesca con azioni belliche o terroristiche.
Secondo Bicchierai l’ovvio vantaggio dei tedeschi è più apparente che reale data la scarsa efficienza delle azioni partigiane e la scarsissima probabilità di riuscita delle insurrezioni; il CLN risparmia dolori inenarrabili alle popolazioni e conserva la ricchezza delle strutture produttive; gli Alleati hanno a disposizione città pronte a diventare centri logistici.

operazione sunrise

Presa in considerazione come un progetto “curioso” o “insolito” (dipende dalla traduzione) da Allen Dulles, agente segreto americano poi direttore della CIA, la proposta fallisce anche a causa del fatto che il card. Schuster stenta ad assumersene la paternità, la qualifica con cui Bicchierai partecipa agli incontri non è chiara (presentato come segretario di Schuster, smentito da Parri, molto legato al cardinale secondo il nunzio in Svizzera mons. Bernardini), sono contrari gli esponenti del CLN, in particolare la componente comunista.
L’azione diplomatica di don B. si traduce in «approcci informativi per avvicinare le parti» che presuppongono un nuovo viaggio in Svizzera rimandato fino al 2 febbraio 1945 e poi annullato, un nuovo e più esplicito incarico conferito dal cardinale il 9 febbraio, interventi sulla liberazione di Ferruccio Parri, avvenuta l’8 marzo: spacciata per rischiosa da Karl Wolff, secondo Bicchierai nota dai primi di febbraio e già prevista.

Milano, 25 aprile 1945, in Arcivescovado

È Karl Wolff il vero antagonista di Bicchierai: dall’agosto 1944 capo SS e comandante Wehrmacht, ha funzioni indefinite e perciò ampie e flessibili, si rivela un abilissimo doppiogiochista: fino al 23 aprile rassicura sulla presenza dei tedeschi in arcivescovado entro le 18 del 25 aprile.
Mussolini arriva ed è ricevuto da Bicchierai con mons. Terraneo; lo introduce nel salotto delle udienze e torna nell’affollata anticamera dove è arrivato Graziani. O discutendo con mons. Corbella o rispondendo a Barracu sulle modalità della resa, Bicchierai dice o risponde che non ci sarebbero state obiezioni visto che le autorità tedesche stavano trattando da due mesi la resa con la curia e che sarebbe giunto da un momento all’altro Wolff per la firma formale.
La rivelazione è premeditata? Si tratta di una iniziativa di Bicchierai o è concordata con Schuster? Dato l’uomo, se da un lato è impossibile sia estemporanea, dall’altro è possibile sia dettata dall’impazienza, mentre è plausibile si tratti di una giocata d’azzardo.
Mussolini se ne va indispettito mandando a monte i piani di Schuster. Wolff ha giocato tutti.
Chi rivela il contenuto delle trattative ai convenuti nel salotto delle udienze? Quali documenti mostra, se li mostra, Schuster a riprova di trattative con Wolff da cui in realtà non ha avuto nulla? Cosa viene detto nell’ora intercorsa tra la rivelazione e il congedo di Mussolini? Nessuno lo racconta. È possibile che il tradimento tedesco facesse comodo a tutti.
Da questo momento in poi, l’azione del bianco e del giallo assume contorni più sfumati di quelli sostenuti da Bicchierai: resta in ogni caso un’opera effettivamente svolta, utilizzata da Karl Wolff come l’ennesima staffa in cui infilare il piede quando gli alleati sospendono le trattative e in Svizzera Allen Dulles cerca di convincerli a riaprile.

tra i silenzi del Libro Bianco

I documenti della cartella d'archivio «Ultimi tempi di un regime» che sono stati pubblicati, sono una piccolissima parte dell’esistente e in occasione della redazione di questo volume non sono stati utilizzati perché non direttamente pertinenti alla vicenda. Tuttavia – e sono stati pubblicati dal cardinale nel libro omonimo – ci sono documenti comprovanti quanto gli Internati Militari Italiani tornati vivi affermano: i pacchi spediti dalle famiglie o comunque a loro destinati non arrivavano a destinazione se affidati alla Croce Rossa.
Bicchierai si spende e si occupa del rimpatrio degli IMI inserendosi nel CRAI (comitato rimpatri alta Italia) come esponente della Pontificia commissione di assistenza. Determinante è la disponibilità del carburante: la Croce Rossa deve restituirne novemila litri e non provvede con la dovuta celerità.
Bicchierai testimonia per scagionare persone accusate di collaborazionismo. In particolare, la sua testimonianza è determinante nel processo a Valerio Benuzzi, diventato – come recita la sentenza della corte speciale d’assise – spia tedesca per rendersi utile alla causa della resistenza.

nel dopoguerra

Bicchierai prosegue la sua dilagante attività e pare recuperare l’entusiasmo degli anni giovanili. Se il lavoro può essere considerato il dio minore dei milanesi e se un sacerdote può averne uno, proprio il lavoro lo è per Bicchierai, con tutte le implicazioni etiche che il possesso o la gestione di beni materiali dal lavoro prodotti implica, tanto più quanto il sacerdote si mostra abilissimo nel moltiplicarli. I risultati delle sue capacità manageriali sono sotto gli occhi stupefatti di tutti: una per tutte l’acquisto dell’immobile di via Ariosto 13, sede storica dell’Istituto Auxologico da lui creato; ma anche la creazione della Charitas Ambrosiana, creata nel 1953 e sciolta nel 1977. Il rapporto con il nuovo arcivescovo mons. Montini risente dei precedenti contatti in tempo di guerra; con lui Bicchierai deve rinunciare a quel ruolo di free lance ecclesiastico nel mondo laico garantitogli da Schuster. Non rinuncia però alla vena dialettica nella gestione del quotidiano cattolico «L’Italia» che dirige con polso determinato e sicuro sia direttamente, sia con il fidatissimo condirettore don Ernesto Pisoni. Dall’incondizionato appoggio di Schuster, passa ad un rapporto fragile con Montini che decide di cambiare i vertici del quotidiano nel momento in cui matura il primo governo di centro sinistra. Pisoni è sostituito da Lazzati, a Bicchierai subentra mons. Giovanni Colombo, che a sua volta diventa arcivescovo, momento in cui Bicchierai lascia anche le residue cariche nel giornale.
Il Centro Auxologico di Piancavallo diventa ragione di vita per mons. Bicchierai che lo trasforma da colonia permanente della Charitas a Fondazione, fino alla conferma del riconoscimento di Istituto scientifico di ricovero e cura nel 1981 e alla stipula di una convenzione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore retta da Lazzati il 2 luglio 1982.

Giuseppe Bicchierai era diventato prete, ma era prima di tutto un uomo d’azione

volitivo, essenziale, robusto e coraggioso. Appariva indocile e l’obbedienza per lui era sempre stata una severa disciplina. Insofferente, scorbutico, brusco, autoritario erano tratti di una virile indifferenza alle conseguenze dei propri atti e parole, sintomi di una superbia della vita che considerava un peccato mortale: «La superbia della vita è la tendenza più pericolosa perché è quella che spinge l’uomo a ritenersi sempre migliore degli altri, a giudicare, a criticare, ad ambire agli onori, ai posti di comando, a umiliare gli altri […] chi vive umilmente è sicuro che la grazia del Cielo non gli mancherà mai e soprattutto sarà caritatevole verso il prossimo».