tra guerra civile e regime
Nato a Milano il 18 settembre 1898 da famiglia agiata di origini toscane (il bisnonno paterno Antonio originario di Bagnone esercitava l’avvocatura tra Firenze e Lucca, il padre Tommaso era un apprezzato direttore d’orchestra a Firenze) Giuseppe cresce nell’oratorio della parrocchia di Santa Maria Segreta sotto l’episcopato del card. Andrea Carlo Ferrari, durante il quale prende forma e si realizza l’Unione giovani cattolici milanesi, una forma nuova di apostolato laicale che sostituiva il momento ricreativo dell’oratorio con un più incisivo intervento nella vita pubblica.
In essa Giuseppe Bicchierai si trova subito a proprio agio poiché in possesso di tutti i requisiti necessari per eccellervi: grinta, personalità solida, sicura capacità professionale, prontezza nel confronto dialettico, capacità di impegno nel contradditorio polemico, nuova considerazione delle differenze sociali. Si diploma perito commerciale ragioniere nello storico istituto tecnico milanese intitolato a Cattaneo, richiamato alle armi nel 1917, si ammala di tifo e rientra a Milano nel maggio 1919. Si abilita all’insegnamento della computisteria, crea e presiede la Federazione delle Unioni Giovani fino a quando la carica diventa incompatibile con quella di segretario dell’Opera Cardinal Ferrari: ente morale, gestito dalla Compagnia di San Paolo, per cui si prodiga tra il 1924 e il 1931, ma che subisce bancarotta (non dolosa); il fallimento è utilizzato dal regime, sotto il quale era impensabile l’apostolato paolino, a metà tra laicato e clero, intraprendente e realizzatore.
Sentita la vocazione sacerdotale, entra in seminario a Venegono, all’età di 34 anni; vorrebbe accelerare le tappe dell’ordinazione, ma non ci riesce; vorrebbe frequentare la Gregoriana, ma le porte non si aprono; fra ottobre 1935 e luglio 1936 è novizio gesuita poi abbandona per incompatibilità. Nel 1935 esce il suo volume Il mondo degli affari e la morale, frutto della dolorosa esperienza come amministratore della Compagnia di San Paolo e dei tredici anni di professione; è adottato come libro di testo alla Facoltà Teologica di Milano.
Sono anni densi di avvenimenti: guerra d’Etiopia, guerra in Spagna, leggi razziali, ma Bicchierai appare estraneo, stranamente disimpegnato, in cerca di una collocazione, fino alla richiesta di essere assegnato a una parrocchia. Schuster però non vuole si allontani da Milano e, convinto della necessità di tenerlo impegnato, gli affida incarichi su incarichi, tra cui la realizzazione del Fondo solidarietà clero diocesano; in questa occasione Bicchierai incontra il personaggio che sarà fondamentale nei rapporti con l’occupante tedesco, entrato in Milano la notte del 12 settembre 1943.
Sotto l’episcopato di Schuster, la diocesi ambrosiana diventa, a detta di Roncalli nunzio pontificio a Istanbul e futuro Giovanni XXIII, «punto inaspettato di irradiazione come centro dell’Alta Italia»: autorità morale riconosciuta, tramite tra zone liberate e occupate, e don Bicchierai trova il proprio ruolo.
L’insofferenza per i fascisti è il transitorio terreno di intesa con i tedeschi che Bicchierai trova per salvare vite e guadagnare centimetri di autorevolezza utili anche in futuro: questa la sostanza della sua azione come rappresentante del cardinale, che non di rado lo tiene a freno.