Originario di Intra, avvocato, indiscussa anima dell’associazione, conosce l’irlandese ing. Culleton che gli parla del Rotary e lo coinvolge attivamente nel radunare altre personalità attorno all’idea di fondare un club nel capoluogo lombardo.
Il rapporto tra principio del service e mentalità meneghina è complesso e necessita di frequenti mediazioni tra scontri sul superamento delle differenze di ceto sociale e incontri sui concetti di prestigio e competenza. Il compromesso si trova nel principio guida dei capifila delle professioni; tra loro saranno scelti dai soci, e proposti all’approvazione, i nuovi ingressi.
I convenuti si trovano al Caffè Cova, al tavolo cosiddetto “Stato di Milano”, riservato alla borghesia imprenditoriale. È il 23 novembre 1923.
Nominato segretario generale per l’Italia, Achille Bossi si adopera per associare le migliori professionalità, animate da una sorta di umanesimo militante e cerca di mediare le direttive americane con i valori ambrosiani: il buon senso, l’onestà, il bene reciproco, le agapi famigliari è meglio non si occupino di questioni di pertinenza degli Stati, in modo particolare di politica estera. Stile predominante: la sobrietà.
Fine ultimo è la necessità di non urtare il regime che nel frattempo intensifica i controlli, nonostante i pallidi rapporti e le smentite – a volte persino laconiche – della Prefettura cittadina. Il club incrementa le riunioni e cerca di resistere.
Alla proclamazione delle leggi razziali decide, il 15 novembre, di sciogliersi.
Lo scioglimento è comunicato nell’ultima riunione del 20 dicembre 1938 ai pochi presenti al tavolo del Tantalo, gli stessi che firmano sul menù del giorno la promessa reciproca di ritrovarsi. Bossi, Borletti, Castelli, Chiodi, Gavazzi, Guasti, Nodari, Portaluppi, «con gli occhi buoni colmi di lacrime», continuano a incontrarsi dove e come possono.
Nel lungo e gelido inverno 1944, la guerra sembra non finire mai. Achille Bossi vive sul Lago Maggiore e saltuariamente si reca a Milano, la città delle quattro effe «famm, frecc, fumm e fastidi»: distrutti monumenti palazzi e tessuto sociale. Tutti sono stremati, molti amici sono spariti, gli uomini di una volta sono sempre di meno: quali saranno i sostituti? Avranno la tempra dei padri?
Unico modo per reagire al clima opprimente è provare a immaginare il futuro, la ricostruzione; ma come? Il panorama è desolante: debolezza, contrasti, incertezze nella scelta istituzionale; Achille Bossi dubita della capacità degli «italiani corrotti, ladri, egoisti, antisociali, prepotenti, e vili di oggi» di esprimere il più alto civismo e la migliore coscienza morale necessari alla forma repubblicana ed è molto critico sull’aristocrazia ambrosiana, inadeguata al compito impegnativo che attende tutti.