©Amelia Belloni Sonzogni

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tema libero vs tema lampo

un racconto nel racconto...

Il tema libero è peggio del tema lampo.

Cos’è il tema lampo? Forse qualche mio alunno se lo ricorderà. Di sicuro me lo ricordo io: era una pratica della mia insegnante di lettere alle medie, frequentate nell’Istituto delle Suore di Maria Bambina, in fondo a via B. Angelico, a Milano. Suor Maria – che non chiamavamo «prof», guai al mondo – piccola, minuta e terribile, che pronunciava Schliemann – sbagliando – con il “ch” duro, entrava in classe e, dopo l’appello, annunciava:

– Oggi, tema lampo.

Così, senza preavviso e senza alcun rispetto dell’orario interno. Era prevista un’ora di italiano? Sì; bene, si faceva quel che le saltava in mente, anche se avevi riempito la cartella di pesantissimi tomi di antologia, grammatica italiana e primi rudimenti di latino, tanto pesante da costringere uno dei genitori, a turno, ad accompagnarti, a piedi perché nessuno dei due guidava. L’addetto era papà, prof pure lui alle superiori, perché poteva chiedere di modulare il proprio orario in modo da potermi accompagnare e venire a prendere all’uscita. Mamma, invece, alla Leonardo da Vinci aveva orari rigidi: 8:20 – 12:40.

I temi lampo variavano dalla descrizione alla fantasia, dal ricordo all’argomentazione. Fu proprio in uno di questi ultimi che sostenni la mia certezza della presenza di un’anima nei corpi degli animali. Suor Maria sobbalzò sulla cattedra e mi rifilò un votaccio motivandolo con l’assurdità del concetto espresso, ma si ritrovò di fronte a papà determinato a ribadire il principio che non si potesse valutare un tema sulla base della discordanza dalla «morale dominante» delle idee di una ragazzina. Va bene tutto, va bene aver dovuto rinunciare alla scuola pubblica per ragioni logistiche, va bene doversi sobbarcare la retta e pure la cartella, va bene anche la S. Messa del giovedì mattina, ma questa no, non si poteva accettare: nel tema si devono poter esprimere le proprie idee liberamente, lampo o non lampo. Oh!

Non ricordo che fine fece il votaccio, ma la musica cambiò e si respirò maggiore libertà di espressione.

In realtà, come compresi con il tempo, l’evento inaspettato era parte fondamentale del metodo di suor Maria, per allenarci a una scrittura pronta, immediata, su qualsivoglia argomento le saltasse in mente e in un tempo ridotto, concentrato in quell’ora. Il quaderno dei temi lampo restava in classe, riposto in un armadio, distribuito alla bisogna, a ciascuno il suo. Era questa l’unica certezza che avevamo, perché non c’era una cadenza, non c’era un senso, nulla si poteva prevedere sull’argomento. Dovevi solo essere pronta a scrivere.

Diventata docente, a mia volta ho adottato il metodo, con l’unica agevolazione di stabilire nell’orario delle mie materie un giorno e un’ora per il tema lampo, con i quaderni, depositati nell’armadio della classe, che fossero a righe e senza anelli. Ognuno ha le proprie fisime…

Ricordo che qualche mia compagna all’epoca avrebbe preferito rompere le catene dell’argomento lampo a favore del tema libero. Io no; con il tema libero mi sentivo persa. È un paradosso, mi rendo conto, forse meritevole di approfondimenti e, chissà, di analisi, ma tant’è. Preferivo e preferisco scrivere con un tema anche oggi, da pensionata; perciò, se non c’è va trovato. E questo è il caso dell’argomento del mese di giugno per Generazione Over60 che mi lascia libertà di scelta.

Ho provato – come un amico mi ha suggerito – il metodo casuale del dito puntato su una parola del dizionario: imbalsamatore… ma anche no. E non potevo certo riprovare finché l’indice fosse caduto su un lemma gradito. Dove sarebbe andato a finire il caso?

Alla fine, è stata in questo numero di giugno l’immagine del cuscino di Franco Bellesia a catturarmi per una sorta di sintonia con un mio racconto breve che dice così: 

Vecchio cuscino. Dialogo

 Chi ti ha spostato dal solito posto?

Tu, immagino. O forse Giatt, che mi si era appoggiato addosso: è un bel botolo, pesantuccio direi.

E queste piumette in giro per casa?

Piano! Ho una certa età, non mi puoi più lanciare per aria. Perdo le piumette come certune perdono i capelli, bianchi per giunta.

Questa federa è lisa, andrebbe cambiata, ma non mi decido. Dove trovo un altro tessuto e un disegno così?

Eh! Non ci sono più le stoffe di una volta.

Purtroppo, le federe cucite dalla nonna sono finite.

Non importa. Basta non escano più le piumette.

Eh, no! Deve starti a pennello!

[È sempre stata testarda, da quando la conosco o, meglio, da quando mi si appoggia contro. Era bambina e si rannicchiava sulla poltrona al cui schienale stavo appoggiato, davanti a un televisore che suo nonno guardava ogni tanto. La seduta era tanto grande da contenerla tutta: si arrotolava lì sopra, mi abbracciava e si addormentava].

Ora ti misuro bene, così ho un’idea più precisa di cosa cercare.

[Credo esista una fotografia in cui lei aveva un paio d’anni e stava seduta sul divanetto dei nonni, appoggiata a me. Ero molto più sodo all’epoca… quando, ereditandomi, sono diventato del tutto suo, mi ha portato al mare con lo stesso divanetto e le ho sorretto il capo durante tutti i pisolini del pomeriggio – a volte vere e proprie dormite – schiacciati al fresco di una stanza confortevole. Che subbuglio di sogni e pensieri mi lasciava addosso!]

Ti deve contenere tutto: con gli abbracci, le dormite, i ricordi, le impronte, le notti…

È vero! Quando di notte non riuscivi a dormire, venivi a prendermi e mi portavi a letto con te.

… con tutto il passato lasciato su di te.

Mi sono svuotato, negli anni. Prima o poi mi dovrai buttare.

Mai! Sei e sarai sempre il mio cuscino morbido e caldo: mi copri, mi nascondi, affondo ancora in te come una bambina e ti terrò stretto, sempre, avvolto in una federa adatta. La troverò, a qualunque costo. 


L’ho trovata. Complice il provvidenziale trasloco di fine anno, che ha spostato e migliorato tutta la nostra vita, la nuova federa – dai toni moderni e stilizzati – avvolge il mio vecchio amato cuscino, imbottito di piumette. Una vocina pestifera mi chiede se oggi, con tutte le mie convinzioni sul benessere animale, non sarebbe il caso di poggiare il capo altrove e abbracciare qualcosa di natura diversa, non animale. Le rispondo che non ho altri cuscini imbottiti di piumette, non ne ho mai acquistati né mai ne acquisterei. Lui è un reperto, testimone di un mondo prima di me che è diventato mio, e come tale va rispettato, conservato e tutelato.

Prima o poi troverò il destro per scrivere qualcosa sugli oggetti più cari, quelli che esistevano prima di me e sono ancora con me, che mi hanno visto – forse osservato – per tutta la vita e che tengo a portata di mano e di occhi perché mi fanno sentire a casa ovunque io sia.

Guarda, senza volere avrei trovato il tema per il tema libero. Vietato copiare, eh.

 

P.S.: la scrittura breve che ho riportato fa parte del mio Estemporanea. Scritture brevi con quadri d’autore. Ne approfitto per suggerirne la lettura. Si tratta di un librino lieve, ma a suo modo intenso, adatto all’estate che parrebbe in questi giorni arrivare. Si trova facilmente in rete; è disponibile anche per chi possiede un abbonamento ad Amazon Kindle Unlimited. Come tutto quello che scrivo, ha finalità benefica. L’ho legato all’Associazione A…Fido di Campobello di Mazara: un pugno di meravigliose e miracolose persone capaci di accudire, curare, ridare dignità e vita felice a tante povere anime quadrupedi, maltrattate o abbandonate.
[in Generazione Over60, giugno 2024]

©Amelia Belloni Sonzogni