orrori dell'editing genetico

Food for profit.
Che ne penso?
Mi sono ritrovata in parte nelle considerazioni scritte da Ferdinando Cutugno su Rivista Studio (autore, articolo e rivista scoperti in questo frangente) e sono in sintonia con Francesco Cortonesi, specie quando afferma che si tratta di un lavoro sugli umani, non sugli animali.
Sarà perché seguo le inchieste di Indovina chi viene a cena sin dalle prime puntate, quando andava in onda come striscia quotidiana all’ora di cena, ma Food for profit non mi ha detto nulla di nuovo sugli allevamenti, sulle lobby, sugli interessi in gioco, sulla mala-politica, sugli effetti dell’antibiotico-resistenza negli animali e di conseguenza negli umani che se ne cibano. E nemmeno mi ha mostrato qualcosa di nuovo: purtroppo le immagini di animali che, innocenti, patiscono pene dell’inferno solo per rimpinguare meglio e più in fretta le tasche di qualcuno, sono parte della mia retina; ne ho impresse talmente tante…
Ma questo è il punto: vedere, sapere, prendere coscienza e agire di conseguenza.
Food for profit attira pubblico: chi sa e trova conferme, chi scopre e svolta, grazie a questo film/documentario, perciò comunque lodevole.
La sala era colma, a fine proiezione sono state poste domande, fino al punto interrogativo cruciale: cosa possiamo fare?
Si è alzato un signore con i capelli bianchi, come me. Lo vedevo di spalle perché io ero in fondo alla sala, come mio solito. Vedevo bene però le sue mani, robuste, abituate alla terra, mentre diceva che, come ha sempre fatto, al posto della carne, mangia un pomodoro e – se non ho capito male – lo coltiva da sé. Certo, la modalità non è alla portata di tutti, ma il concetto è semplice, chiaro e ribadito: mangiare meno, mangiare meglio, retribuire il giusto chi coltiva in modo sano. Coltiva, non produce.
Concetti che sono già miei, che ho letto nel libro di Sabrina Giannini, La rivoluzione nel piatto.
Abbiamo in mano un’arma potentissima, incruenta, efficace perché toglie il tappeto sotto i piedi ai troppi avidi che infestano il mondo: bisogna usarla. E si può, non bisogna dubitarne: «Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta» diceva Margaret Mead.
Bisogna farlo, prima che davvero l’orrore dell’editing genetico dilaghi e sia considerata fattibile la “produzione” di maiali a sei zampe per ricavare sei prosciutti. O si pensi sul serio di inserire nel retto delle mucche tubi capaci di trasformare gli escrementi in mangime. Chissà che profumo e che gusto, quella fettina… E i polli senza piume o i vitelli – pare esistano già – con un doppio strato di muscoli, che nascono con un taglio cesareo altrimenti squarterebbero la madre, necessaria per produrne altri. All’europarlamento il lobbista sotto copertura ha mostrato che nulla, nemmeno l’assurdità evidente e provocatoria di queste ipotesi, frena l’avidità.
E lascia sconcertati il fatto che chi non è stato ricandidato
, considerata la manifesta inadeguatezza al ruolo, per le proteste giunte a chi doveva decidere, si appresti a tornare all’insegnamento nelle aule universitarie. Come formatore…