a gamba tesa

«Gloria, manchi tu nell’aria»...
La canzone risuona, evoca e riporta l’amore della vita nella vita del Mister, allenatore del San Pantaleo, squadra parrocchiale di Crescobene le cui vicende sono raccontate nel precedente romanzo di Annalisa Scaglione (La partita va giocata).
Nel borgo ligure nato dalla sua penna, accanto alla tranquilla quotidianità – animata dagli abitanti tutti riconoscibili dai gesti, dalle espressioni, dagli abiti e dai cibi tipici cucinati e assaporati  [confesso la mia simpatia per il professor Ghinati, «direttore, unico redattore, unico collaboratore» del Rigorista] – arriva, con la felicità e la prospettiva di una nuova vita insieme, un «turbine di crisi».
La citazione da “La donna giusta” di Sandor Marai è una traccia, come le altre disseminate all’inizio delle parti in cui il nuovo romanzo è suddiviso e non solo, ma non voglio dire di più per non rovinare il piacere dell’indagine, della scoperta e della possibile soluzione.
La sparizione di una preziosa icona bizantina è il primo tangibile bandolo di una vicenda che ha radici lontane nel tempo e nei luoghi: terre e mari di Liguria e Sicilia, usanze e mentalità, si intersecano nello svolgersi di una storia che si ingarbuglia come una matassa di lana in procinto di diventare gomitolo. Anche in questa nuova vicissitudine tutto parte da don Donato, il parroco, ma i tentativi di districarne la complessità sono dell’intero paese, comunità che, unita e rifocillata da alimenti dei quali leggendo si sente il sapore in bocca, partecipa alla caccia al vero colpevole, supera ogni dubbio, affronta difficoltà e collabora contro ogni avversità, anche atmosferica.
La pioggia che dilavava Crescobene nel primo romanzo diventa infatti, in A gamba tesa, alluvione: distrugge e inonda di fango le case e le vite di tutti, come il fango che l’inganno tenta di gettare addosso agli innocenti, vittime di antiche difficoltà, dilemmi e scelte drammatiche.
Si legge con la curiosità dello svelamento e...