attenzione ai passi falsi

«Oh Madòna, me Signùr!»: è una locuzione dialettale di stupore e insieme accorata partecipazione alle vicende, anche altrui, tipica della sponda lecchese del lago di Como sulle cui rive è fuggito un pediatra in pensione, dializzato, con i sintomi imprevedibili e inquietanti della demenza senile. All’agitazione per la scomparsa dell’anziano dal carattere terribile e al sollievo di moglie, badante e affezionata caposala per il suo ritrovamento, si aggiunge immediata la curiosità di capire per quale motivo sia finito proprio lì.
A questo punto, si dovrebbe raccontare la trama de Il passo falso di Marina Morpurgo, ma si rovinerebbe il piacere della lettura e tutta la gradevolezza di uno stile sornione, sempre sul filo dell’ironia ma pronto a indurre riflessioni sui temi affrontati.
Forse con un’immagine riesco a rendere l’effetto che ha avuto su di me l’inoltrarmi nelle pieghe della vicenda, leggendo una pagina dopo l’altra, d'un fiato, fino alla conclusione, con il dubbio costante di aver intravisto la soluzione corretta dell’enigma.
Nel buio fitto di una notte senza luna, il lago rimanda le sue acque sulle rive; lo sciabordio lieve lascia i ricordi e i suggerimenti sulla risacca. Bisogna saperli cogliere, però. E mentre gli occhi mettono a fuoco le ombre, mentre le pupille si adattano come quelle dei gatti, si intravedono i profili di alcune case che si illuminano e tornano buie e si accendono di nuovo; una alla volta e in ordine sparso, come i ricordi, si avvicinano dal passato e si lasciano guardare dentro. Mostrano gli uomini, le donne, i giovani che hanno vissuto la Seconda guerra mondiale. E a loro fanno raccontare storie che sono Storia.
Il presente giunge come la luce del giorno e porta il suo chiarore (e il disincanto) su temi contemporanei. E poi i luoghi e il loro spirito: il carattere delle persone così strettamente connesso all’ambiente.
Che bel libro!