Uccio

Il cane di Falcone di Dario Levantino è un libro delizioso, che racconta la mafia: è un ossimoro, ma come al solito negli animali - in un cane randagio e zoppo, in questo caso - si trova la meraviglia più vera e pura. Non sono però riuscita a scriverne per la troppa commozione, perciò il mio Pedro (che ha sempre parlato) lo ha fatto per me.

La conosco, Uccio. Non ce la fa proprio, in questo momento, a scrivere la nota a margine al tuo libro. La conosco bene e – fidati – la vedo anche se sono morto: ha un nodo in gola dopo aver letto la tua storia, quella vera e quella inventata del libro.
Ha un nodo in gola, come sempre accade quando legge di sofferenze inferte agli animali. E come ce l’aveva quel 23 maggio 1992.
Me l’ha raccontato un sacco di volte: due mesi prima aveva dovuto sopprimere il suo Dog, ammalatosi all’improvviso, suo papà era devastato e lei pure, non aveva progetti, aspettative, idee, niente se non una sensazione stranissima di angoscia immotivata, fino alla notizia della bomba di Capaci: saputo dell’attentato, l’angoscia è diventata sgomento e dolore. Forse si era trattato di una premonizione, forse è sensitiva come te, non lo so, ma so che, mentre leggeva la tua storia, annotava e annotava… Perciò, le rubo la penna e ci penso io a questa nota a margine, perché so cosa scriverebbe e, soprattutto, so che tu capirai.
Tu e io, e lei, e tutti gli umani come il tuo, sanno bene che noi parliamo: ci parlano anche loro e in qualche modo riusciamo a capirci. Passiamo per strambi? Che bello! Meglio essere strambi che str…, non si può dire né tanto meno scrivere pubblicamente una parolaccia. Nonostante la mia disabilità da anziano costretto al carrellino, grazie alla quale comprendo bene la tua zoppia, sono stato fortunato a non aver mai incontrato uomini con il bastone, «esperti di crudeltà» come li chiami tu, vigliacchi che si accaniscono sugli inermi; comprendo però i tuoi incubi, la paura che ti ha spinto a sopravvivere, perché ho dovuto aiutare mio fratello a superarli.
Lo chiamo così anche se non è mio fratello di sangue: è venuto dopo di me e per me è un fratello perché sta con mia mamma e mio papà: i miei umani erano tali per me e lo sono per mio fratello. Il racconto di come il giudice Falcone è diventato tuo papà, è uno splendido insegnamento sulla famiglia, sul sentirsi genitori e figli, umani e no; su questo, il tuo gesto con il cucciolo Giovanni sintetizza tanti drammi, anche quello delle fattrici, tenute in vita solo per procreare e consunte per soldi. Racconta che siamo senzienti, sentiamo il legame, lo costruiamo e lo proteggiamo, facciamo di tutto per evitare che il male si concretizzi. Pochi umani purtroppo lo comprendono, ma quando incontri quello giusto è per sempre. Lui, o lei, ti ama, ti protegge e ti difende dall’idiozia cattiva, che si moltiplica quando si coalizza in quelle riunioni da quattro soldi nelle quali i più perversi inventano le panzane più ridicole, le pronunciano come verità, se le rimangiano e le ripetono capovolte, con l’unico intento di nuocere ai deboli. E gli altri, vigliacchi ipocriti, muti conniventi oppure complici.
«Il cane è mio»: che bella semplice frase, che spada tratta a mozzare teste di … non si può dire e nemmeno scrivere pubblicamente una parolaccia, ma sappi che ho amato alla follia quella scena in cui il tuo papà arriva a salvarti dai condòmini. Io non ho mai avuto problemi del genere, ma mio fratello potrebbe raccontarne, e sai, pure lui ha avuto per un certo periodo un nome indiano come te. E mal sopporta i bambini: li teme e leggendo quello che ti è capitato, ho compreso anche questa sua paura. La cattiveria umana è un’indole, se poi è lasciata a se stessa, è quanto mai dannosa. Di questo so qualcosa anch’io, purtroppo. Certi ragazzi sono capaci di nefandezze impensabili ma li si giustifica sempre. Son ragazzi – dicono tutti – e poi i ragazzi crescono e diventano uomini con il bastone, o il laccio, il veleno, la forca, la pistola... Uomini, si fa per dire: il termine corretto lo ha usato il tuo papà, esseri abbietti, contro i quali hai saputo, alla fine, mostrare il tuo coraggio.
«Per gli animali tutti gli esseri viventi sono persone»: sai cosa ha annotato lei a questa frase? 
Ha scritto: «manifesto» con il punto esclamativo.
Comunque, di una cosa possiamo essere certi, tu e io: siamo stati importanti per loro, li abbiamo ascoltati, abbiamo accolto le loro riflessioni e i loro pensieri. Ci hanno preso in braccio, ci siamo compenetrati.
Mentre raccontavi della mafia, l’ho vista ricordare tutti quegli anni, quei morti. Non che la mia umana sia decrepita, ma anzianotta ormai sì; rileggendo di quei momenti, tanti nomi, tante persone che non aveva più così presenti le sono tornati in mente. Poi son partite le considerazioni sulla mafia spicciola, endemica, presente in ogni più piccolo ganglio sociale, ma queste per me son più difficili da dipanare delle altre annotazioni; tu le comprenderesti al volo, abituato com'eri a riconoscere loschi individui al solo vibrare di qualche loro suono.
Ti abbiamo visto mentre urlavi disperato e impotente: «Ti prego nooooo». Un urlo che condensa e spiega un dolore che toglie ragione alla vita.
«Esistono affetti talmente intensi da trovare sempre un canale comunicativo ultra sensoriale, nell’impossibilità di parlarsi»: anche questa che hai detto è una verità assoluta. E noi la conosciamo bene perché siamo capaci di usare quel canale.
Ciao, Uccio. Con affetto, Pedro
p.s. dimenticavo l’ultima annotazione che recita: da leggere nelle scuole.